Vitiello: “Primi nella food safety”

Alessandro Vitiello, amministratore delegato di Bunge Italia, è vice presidente di Anacer. Lo abbiamo intervistato.

Quali sono oggi le problematiche connesse all’importazione dei semi oleosi e farine alla luce della normativa comunitaria tendente a tutelare sempre di più la salute pubblica (pesticidi, contaminanti, micotossine)?
“L’attuale apparato normativo e regolamentare consente di tutelare la salute pubblica ai massimi livelli e l’Italia è certamente ai primi posti per la food safety. Le problematiche sorgono nella misura in cui gli operatori interessati non attivano le necessarie procedure richieste o semplicemente non vengono rispettati i protocolli. É in tal caso che devono intervenire le autorità con azioni a tutela dei consumatori. In linea generale, ritengo che la prevenzione rappresenti lo strumento più efficace e dobbiamo continuare a lavorare in tale direzione, con regole chiare, rispettate ed accettate da tutti, sia alle origini che nei paesi di destinazione. Sulla salute pubblica non sono ammesse aree di incertezza”.

Come si prospetta la stagione nei grandi Paesi produttori?
“Record. Mi sembra questo il termine più appropriato per descrivere la bontà dei raccolti a livello mondiale per le varie materie prime. Sui cereali, sia il mais che il frumento dovrebbere attestarsi su valori di produzione senza precedenti, totalizzando quasi 1 miliardo e ottocentomila tonnellate per entrambe le colture. Per quanto riguarda i semi di soia, la produzione totale si attesterà su livelli mai visti prima, superando i 340 milioni di tonnellate, grazie al forte incremento registrato in Brasile e negli Stati Uniti nell’attuale campagna. Anche sulla colza e sul girasole i raccolti dovrebbero essere abbondanti, probabilmente potremmo parlare di record nel secondo caso”.

Si discute molto sull’etichettatura della pasta. Prevarranno i principi ideologi o la
razionalità?

“Ci troviamo all’interno di un pattern strutturale e rilevante nelle abitudini di acquisto dei consumatori. In sostanza si vuole maggiore informazione e soprattutto chiarezza nella comunicazione circa la provenienza e l’origine delle materie prime necessarie per ottenere un determinato prodotto. Ritengo che anche in tal caso, cosi come in tante altre circostanze, debba prevalere il buon senso, focalizzando l’attenzione sulla chiarezza e semplicità dell’etichettatura stessa, evitando dettagli e terminologia di difficile comprensione agli occhi del consumatore. In ultima analisi chi compra un prodotto vuole avere la più ampia visibilità sulla catena di produzione. Il consumatore chiede un prodotto con alti standard qualitativi e di sicurezza, con un gusto costante e al giusto prezzo. Non confonderei le legittime attese del consumatore col binomio origine qualità che non rappresenta un dogma assoluto, soprattutto l’origine extra-UE non implica che il prodotto non sia di qualità. In definitiva è fuorviante dire che un’origine sia di maggiore o minore qualità rispetto ad un’altra”.

Sull’utilizzo dell’olio di palma, ogni giorno compare uno studio scientifico pro o contro. Quanto c’è di razionale in questa campagna?

“Effettivamente si è assistito a una proliferazione di studi e campagne pubblicitarie da quando nel maggio del 2016 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha emanato un parere a seguito della valutazione dei rischi per la salute pubblica derivanti da sostanze che si formano durante le lavorazioni alimentari, cioè glicidil esteri degli acidi grassi e monocloropropandiolo. In sintesi, EFSA ha detto che l’olio di palma ha un più alto contenuto di tali sostanze rispetto ad altri oli e grassi di origine vegetale. La tematica non è certamente nuova alle industrie alimentari, le quali sono fortemente e continuamente impegnate da anni nella riduzione di tali sostanze come risultante dei propri processi. L’Industria negli ultimi 5 anni ha già contribuito a ridurre della metà la presenza di glicidil esteri. Questi studi sono estremamente importanti per la salute dei consumatori, tuttavia vanno interpretati ed applicati con chiarezza senza dare luogo ad interpretazioni fuorvianti”.

E per quanto riguarda gli RML nei prodotti per la zootecnia?
Il tema dei livelli minimi residuali nei prodotti per la zootecnia vede vari comitati tecnici impegnati a livello nazionale ed a livello europeo. L’obiettivo è quello di garantire livelli minimi rispettati e condivisi da tutti, rimettendo agli operatori il rispetto di tali livelli e la tempestiva comunicazione alle autorità nel caso di violazioni. L’uniformità delle metodologie di analisi appare cruciale in tale processo, in quanto l’utilizzo di una differente metodologia o strumentazione può dare luogo a risultati completamente diversi, con notevoli ripercussioni negative sui soggetti interessati, con particolare riferimento all’incertezza che inevitabilmente ne deriverebbe. Sarebbe anche auspicabile un maggiore allineamento tra le regole prevalenti nell’Unione europea e quelle vigenti nei paesi all’origine. Per questo è fondamentale coinvolgere gli operatori, concordare con le autorità le misure e tutte le azioni necessarie perchè si possano garantire materie prime che rispettino tutti i parametri qualitativi e sanitari per la nutrizione animale”.

Quale ruolo intendere svolgere Anacer, associazione che raggruppa le principali imprese del settore, nel dialogo con le istituzioni nazionali e con Bruxelles?

“L’Anacer ha posto alla base della propria strategia il continuo dialogo con le istituzioni nazionali ed europee. Vogliamo tutelare la salute del consumatore e per fare questo non si può agire da soli, bisogna necessariamente coinvolgere le Autorità, impegnarsi in un percorso comune e comunicando in modo chiaro ciò che facciamo.
Abbiamo una presenza stabile anche all’interno dei gruppi di lavoro a Bruxelles, dove attraverso il COCERAL abbiamo la possibilità di confrontarci con altri paesi e relative problematiche. Ci piace condividere le best pratcices e questo credo debba diventare un modus operandi per tutti.
In Italia negli ultimi 6 mesi abbiamo intensificato il dialogo con le istituzioni, e lo faremo ancor più attivamente in quanto siamo convinti che attraverso la cooperazione e la trasparenza nella comunicazione possiamo contribuire al benessere collettivo ed anche al miglioramento del settore economico in generale”.