Licciardi: nessuna speculazione sui prezzi

Le valutazioni di Confagricoltura sull’import di cereali meritano un approfondimento perché, come ogni anno, quando in Italia è tempo di mietitura, si chiamano in causa gli importatori di grano e mais, per giustificare rese più o meno alte, prezzi alti o bassi, qualità o non qualità.

In questi giorni si leggono di buoni raccolti in Emilia Romagna e di problemi, invece, nel Foggiano. Entrambe le circostanze non modificano un dato incontrovertibile: l’Italia, fino a pochi anni fa quasi autosufficiente, importa ormai oltre il 50% anche di mais. Complessivamente, considerando cereali e soia, l’industria alimentare italiana ha un fabbisogno di 40 milioni di tonnellate annue, di queste 20 sono importate. Ridurre l’import significherebbe ridurre l’export di made in Italy in ben 190 Paesi nel mondo, con ricadute enormi su industria e occupazione.

A proposito di prezzi, non possiamo essere accusati di speculazioni “per influenzare al ribasso il prezzo del grano nostrano”. Come già accaduto in pieno lockdown, i rialzi sono giustificati dai fondamentali di una campagna difficile. Sul mercato è mancato il 50% dei raccolti australiani dopo gli incendi dei mesi scorsi, così i Paesi asiatici si sono rivolti all’Europa e agli Usa aumentando la domanda. Nel frattempo, il maltempo ha creato incertezza sui nuovi raccolti proprio in Europa e Nordamerica. Le stime sui nuovi raccolti restano abbondanti, ma pesano l’incognita di una seconda ondata di Covid e se ci sarà, o meno, la ripresa dei consumi. Sono questi i fattori che incidono sul prezzo dei cereali, non altri.

Colgo l’occasione per tornare sul tema della salubrità dei cereali importati, anche questo argomento di stagione, puntuale ogni anno. In quanto a controlli l’Europa è più restrittiva di tutti gli altri Paesi e a ciò possiamo aggiungere che l’Italia è ancor più severa su alcuni parametri sanitari. Va però sottolineato che non può esserci disparità all’interno dell’Unione Europea, serve uniformità nei controlli e sui parametri utilizzati.

Per quanto riguarda l’indicazione in fattura ‘Grano duro naz’, come associazione invitiamo i nostri associati a essere estremamente chiari su questo punto e non lasciare dubbi all’interpretazione: meglio dunque scrivere ‘Grano duro nazionalizzato’ se trattasi di grano estero.

Ricordo, infine, che il Ministero della Salute ha comunicato da tempo che i due manuali redatti da Anacer (Associazione Nazionale Cerealisti) e da Italmopa (Associazione industriali mugnai pastai d’Italia) sono stati valutati conformi alle disposizioni del regolamento CE 852/2004 dal Ministero della salute con il supporto dell’Istituto superiore di sanità ed inviati alla Commissione europea.
Nel dettaglio i manuali sono: manuale di corretta prassi igienica per le imprese operanti nel settore dell’importazione da Paesi terzi e degli scambi fra Paesi comunitari di cereali, semi oleosi e sfarinati per l’alimentazione animale e attività correlata (stoccaggio, movimentazione, campionamento e controlli). Redatto da Anacer Associazione nazionale cerealisti; manuale guida di corretta prassi igienica e HACCP nell’industria molitoria. Redatto da Italmopa Associazione industriali mugnai pastai d’Italia.

Tutto questo non per polemizzare, ma soltanto per evitare al consumatore inutile confusione.