Filiera del grano sotto attacco

“Ancora una volta – affermano il presidente di Anacer Carlo Licciardi e i vice presidenti Alessandro Vitiello e Niccolò D’Andria – l’import di cereali si trova al centro di una sorta di fuoco incrociato che colpisce un vasto ambito del settore agroalimentare. Da una parte alcune confederazioni agricole attaccano il grano importato con l’accusa di essere inquinato dal glifosato, dall’altra si intende inserire l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del grano della pasta.

In entrambi i casi le confederazioni che si pronunciano su questi temi sono in malafede. Tutte le verifiche effettuate dal ministero della Salute sul grano estero importato in Italia hanno dato esito negativo, confermando così la salubrità del prodotto. Non si considera che l’autorità che controlla i cereali all’import è la stessa che certifica la salubrità dei nostri prodotti all’export. Ciò comporta il serio rischio di screditare la stessa autorità e il Made in Italy.

Ci si dimentica che l’import è assolutamente necessario, perché l’Italia produce soltanto il 50% circa dei cereali richiesti dal mercato interno e non ci sono le condizioni strutturali per modificare o invertire questo trend.

Ricordiamo la vicenda del giugno scorso quando un cargo con grano duro canadese venne posto sotto sequestro nel porto di Bari: dai campionamenti ufficiali il grano duro in questione è risultato assolutamente conforme ai parametri di legge, ma ciò non ha impedito all’azienda importatrice di sostenere ingenti costi aggiuntivi per la sosta forzata della nave.

Si protrae così – nella disattenzione del mondo politico – la denigrazione di una filiera italiana di indiscussa qualità come quella del grano duro, riconosciuta in tutto il mondo.

Questo atteggiamento è incomprensibile: non si può non riconoscere che al processo di trasformazione della materia prima in pasta prende parte, ed è indispensabile, anche l’integrazione con i migliori grani duri del mondo che sbarcano in Italia per contribuire a produrre e commercializzare un prodotto finito, la pasta, apprezzato in tutto il mondo. Tutto ciò garantendo salubrità del prodotto e decine di migliaia di posti di lavoro”.